La La Land e l’arte di lasciare andare
La bellezza di La La Land, il musical di Damien Chazelle, è tutta nella fine. Il film è carino, ma non lo definirei un capolavoro. Bellissimi sono la colonna sonora e i costumi, ma la storia in alcuni passaggi è un pochino noiosa, diciamolo. Però la fine riscatta tutta l’opera. Triste, ma intelligente. E illuminante. Adesso che ha preso 6 Oscar e tutti lo hanno visto, possiamo finalmente parlarne.
Come è andata (e come sarebbe dovuta andare)
I due protagonisti si rivedono per caso una sera dopo anni. Non si capisce bene come siano andate le cose, ma si intuisce che entrambi hanno seguito il loro sogno e hanno lasciato che la vita prendesse il sopravvento sul loro amore.
Mia/Emma Stone entra nel locale che finalmente Sebastian/Ryan Gosling è riuscito ad aprire, accompagnata dal marito. Sebastian è sul palco, sta per esibirsi e la vede tra il pubblico. Rimane letteralmente senza fiato. Si siede al piano e suona una canzone che aveva composto per loro.
I ricordi affiorano e Sebastian ripercorre la loro storia d’amore. Ma non come è andata veramente, ci racconta come sarebbe dovuta andare. E come avrebbe dovuto comportarsi per non perderla. Ovvero, evitando di commettere gli errori che ha compiuto, andando a quell’appuntamento importante, facendo quel viaggio insieme, non deludendola.
Insomma, non permettendo alla vita di separarli.
Se le cose fossero andate così, oggi Sebastian sarebbe entrato in quel locale con Mia, al posto dell’attuale marito. E non la guarderebbe dal palco, seduta in platea con un altro uomo.
Imparare ad accettare la vita
Un finale straziante, perché ti aspetti l’happy end e invece arriva la doccia fredda. Ed è facile riconoscersi, a chiunque è capitato di ripensare a vicende passate (non solo amorose) e pentirsi delle scelte fatte.
Eppure è così difficile fare le scelte giuste, mentre si è dentro le cose: si è coinvolti emotivamente e non sempre si ha una visione prospettica dei fatti. Facile, dopo, valutare cosa è stato giusto e cosa sbagliato.
Ed è in questo delicatissimo passaggio che risiede la bellezza del film: finita la canzone, Mia si alza e se ne va. È scossa, si vede, prova ancora qualcosa per Sebastian, ma la vita è andata come doveva andare. E lo si capisce dall’ultimo sguardo che si lanciano: si guardano con affetto e complicità, si sorridono, e c’è comprensione e accettazione per come è andata.
Nella vita spesso è l’accettazione che ci (mi) manca. E per questo che la fine di La La Land mi è piaciuta così tanto.
A un certo punto, è naturale fare dei bilanci. È come con i capelli bianchi: anche se non li vuoi, vengono. Così ti trovi a pensare alle scelte che hai fatto, dalla prospettiva di oggi.
Ed è altrettanto naturale pentirsi o rammaricarsi per alcune azioni, e chiedersi perché ci siamo comportati in quel modo.
Ecco, ultimamente sto cercando di avere verso me stessa lo sguardo di Mia e Sebastian. Uno sguardo di accettazione.
Penso sia importante avere questo approccio verso se stessi anche nel presente, nella vita di tutti i giorni, non solo quando ci guardiamo indietro. Viviamo un’epoca davvero particolare, in cui la nostra vita risulta moltiplicata per mille. Come le nostre aspettative. E non mi riferisco solo alla dimensione social, ma alla quantità di cose che dobbiamo fare, studiare, preparare, pensare.
Essere freelance ha dei vantaggi notevoli, ma su questo fronte a volte ti espone al rischio della bulimia. È meravigliosa la sensazione che tutto dipenda da te (è uno dei motivi per cui ho deciso di tornare a essere libera professionista): riempi le agende di buoni propositi, di idee, suggestioni, ma il rischio di esagerare è concreto.
Vuoi fare tutto, imparare tutto. Fai elenchi infiniti di cose da vedere, post da scrivere…
Cerchi di programmare le giornate e le settimane come manco alla Nasa, anticipi sempre di più la sveglia al mattino per riuscire a fare tutto… In un crescendo di impegni e responsabilità (e sensi di colpa) che a volte toglie il respiro. E che ti porta ad alzare l’asticella sempre più in alto, in un circolo vizioso.
Mi sono resa conto che stavo esagerando una domenica. Avevo programmato così tante cose da fare, che a metà mattina ero già in ritardo. Ho capito che mi stavo boicottando da sola: non riuscivo più a godermi neanche il tempo libero, che stava diventando tempo forzato.
Allora, ho cancellato tutti i programmi e fatto solo quello che sul momento avevo voglia di fare.
Puoi organizzare le giornate con programmi di ingegneria gestionale, mi sono detta, ma se non riesci a fare tutto è perché forse hai riempito troppo le tue giornate. Inutile accanirsi. Inutile frustrarsi. Ridefinisci l’ordine delle priorità e accetta di lasciar andare qualcosa.
Concediti di non farcela.